Il progetto

Il progetto Villa 5 nasce nel 1999 da un’idea di Arci valle susa e ARCST Lega Coop, che propongono il progetto di ristrutturazione di una villa dell’ex Ospedale Psichiatrico, ora Parco della Certosa.

Il progetto s’inserisce coerentemente all’interno delle linee programmatiche dell’Amministrazione collegnese – che lo fa suo – per il superamento definitivo della caratterizzazione sanitaria di quest’area e intende valorizzare tale risorsa arricchendola di spazi “vissuti” quotidianamente, con progetti a forte valenza sociale e culturale e servizi qualificati che mettano al centro le persone quale principale energia trasformatrice che agisce sull’ambiente per “ripararlo”.

Nel 2002 viene approvata e finanziata la domanda di ammissione di questo progetto.

Nel febbraio 2003, a seguito di apposita gara in cui si presenta progetto di ristrutturazione e gestione e l’impegno a coprire il co-finanziamento pari al 30%, viene aggiudicata la concessione dei lavori e dell’immobile e la gestione delle attività per 19 anni al raggruppamento composto da arci valle susa, coop. sociale atypica, coop. sociale La Talea, associazione di promozione sociale asylum, coop. Di Vittorio e coop. Rondine 92, ora consorzio o.n.d.a. – Organizzazione Noprofit Donne Associate.

Il cantiere è stato aperto nel marzo 2003. Nel giugno del 2004 Villa 5 è diventata una realtà.

Oggi emerge come preoccupante – perché coinvolge la maggioranza delle persone, anche quelle che non necessitano dei sistemi di protezione, cura, accompagnamento del welfare – l’affermarsi di un disagio diffuso, poco riconoscibile e poco dichiarato, ma fortemente disgregante per le persone e per il tessuto sociale di una comunità Nasce dal senso di solitudine e d’abbandono a se stessi, dalla crisi delle relazioni, dall’assenza di spazi di comunicazione e d’incontro e di quella reciprocità che nasce dalla rete di mutuo aiuto relazionale.

Questa condizione di disagio è altrettanto preoccupante quanto sommersa, non riconosciuta socialmente e su di essa non sono necessari interventi di carattere sanitario o di assistenza sociale, ma azioni più rarefatte – e forse più complesse – che diano ai singoli l’opportunità di agire su di sé, insieme ad altri e alle istituzioni, di attivare politiche che passino da una logica di pura tutela ad azioni trasformatrici.

Come sempre, anche in questo senso, sono le donne ad essere maggiormente colpite da queste situazioni di disagio; sono le donne che vivono più di altri condizioni di solitudine e spazi ristretti di relazione, pur essendo, in tutti i tipi di società quelle che sul sistema delle relazioni inventano risposte e autorganizzazione ai bisogni propri, a quelli delle famiglie e delle comunità 

Da questa lettura e da questo, ovviamente parziale, punto di osservazione, nasce questo progetto che a partire dall’agio intende svolgere un’azione di prevenzione al disagio, di sviluppo di opportunità sociali e lavorative, in particolare per le donne, contribuendo allo sviluppo pieno della comunità 

Il progetto viene presentato da un raggruppamento di soggetti del Terzo Settore, operanti da anni nel territorio collegnese con tipologie d’impresa e peculiarità diverse che, messe in rete sinergica, rispondono al livello di qualità necessario allo sviluppo e alla gestione dello stesso. 

L’idea progettuale è frutto dell’evoluzione di una lunga storia di lavoro comune tra l’associazionismo Arci e il mondo della cooperazione, che mette in relazione l’esperienza professionale con l’impegno sociale per lo sviluppo di forme d’impresa no profit integrate con il territorio, capaci di sviluppare un’economia sociale che esca dalla dicotomia del modello solo privato-solo pubblico per arricchire l’offerta di mercato con alcune peculiarità proprie dell’associazionismo e dell’impresa sociale: il concetto di responsabilità sociale, di pluridimensionalità della qualità del “prodotto”, di restituzione sociale, di valutazione di costi e benefici non solo economici, di sviluppo di processi di cittadinanza attiva.

Alcune delle attività d’impresa previste intendono altresì svolgere una funzione di emersione di lavoro nero (come ad esempio quello delle baby sitter e quello dei lavori legati alla cura estetica) e di riqualificazione del personale che, in genere, in questo tipo di servizi, è prevalentemente composto da donne o molto giovani in cerca di prima occupazione, o fuori dal mercato del lavoro.

 

 

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